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«Io ci sto». Quando pronuncia queste poche parole, Lea Bendandi ha ventun anni e un'infanzia grama alle spalle: Ho accettato subito, d'istinto, ho detto: sì sì, io ci sto. Ecco, ho fatto la partigiana per essere libera. Il nome di battaglia, "Sultana", non l'ha scelto lei, ma i capi partigiani. Mai un nome, però, fu più azzeccato. Una Sultana in bicicletta che sfreccia sugli argini dei fiumi, che sfugge ai controlli dei nazifascisti con una pistola o un rotolo di manifesti nella sporta. Una staffetta giovane e bella che fa del suo fascino un'arma per non farsi catturare e distribuire propaganda antifascista. È una Sultana quando organizza i Gruppi di Difesa della Donna o quando diventa comandante dei GAP femminili di Russi. È una Sultana che, da semplice staffetta partigiana, diventa presidente dell'Anpi di Russi. Una Sultana il cui estro la porta poi a diventare stilista di moda. Bologna, Milano, Parigi. Passano trentacinque anni e la Sultana torna a casa, a Russi, per rendersi utile ancora: per parlare ai bambini delle scuole della Ines e della Candina, le mie compagne staffette che sono state ammazzate... Presentazioni di Enzo Bolognesi, Maria Rosa Cutrufelli e Barbara Mapelli.